L’Oratorio della B.V. del Carmine, anticamente uno dei tre oratori situati al di fuori della Terra di Sestola, era comunemente noto come “Chiesa dei Faggiotti”, perché situato all’interno di una macchia di faggi caratteristica, collocata ad un’altitudine più bassa, rispetto a quella normalmente preferita da questa specie arborea. L’Oratorio era dislocato lungo la strada (oggi via Circonvallazione) che a Ovest aggirava la rupe collegando Sestola a Poggioraso.
L’Oratorio è stato eretto nella seconda metà del XVII secolo dalla famiglia Albinelli che ne ha detenuto per breve periodo il giuspatronato, passato ben presto alla famiglia Galli e successivamente alla famiglia Pini. L’architettura dell’edificio sacro seguiva il modello semplificato adottato tra XVI e XVII secolo nella costruzione dei numerosi oratori montani: unico vano rettangolare di dimensioni ridotte, privo di abside, coperto da tetto a due falde; facciata monocuspidata con un portale e due piccole finestrelle provviste di decori in pietra scolpita; altare in pietra addossato alla parete di fondo.
Decorava l’altare del nostro Oratorio un affresco, raffigurante la Madonna in trono tra i Santi Sebastiano e Rocco, di cui si conservano pochi frammenti. La presenza dei due Santi rende ragione dell’epoca di erezione dell’Oratorio, appena successiva alla peste del 1630, e delle motivazioni, cioè il ringraziamento per lo scampato contagio.
In origine, all’Oratorio era addossata una piccola cella che ospitava saltuariamente un eremita. Nella seconda metà del XVIII secolo la cella risultava già demolita e l’Oratorio in stato di abbandono. Nei primi anni del XIX secolo rimaneva in piedi solo il muro di fondo con l’altare e l’affresco. È stato poi ricostruito nel 1815 dall’eremita di Poggioraso ed è servito come sosta durante la processione che si svolgeva nella seconda giornata, su tre, delle Rogazioni.
Nella seconda metà del XX secolo l’Oratorio era di nuovo abbandonato e cadente, sicché nel marzo 1983 il Comune di Sestola ha provveduto a ridurlo a semplice edicola, preservando il vecchio altare e quanto rimaneva dell’affresco, la cui integrità è ora affidata alla sensibilità dei passanti e alla volontà del buon Dio.